Sante, madonne, regine, ma anche puttane, attrici, ballerine. Protagoniste perdute e ritrovate, donne virtuose, devote, appassionate, peccatrici, dannate… sono le protagoniste del libro “101 donne che hanno fatto grande Napoli”.
Da Lucrezia d’Alagno, la diciottenne popolana che conquistò Alfonso d’Aragona e di fatto governò Napoli, seppur dietro le quinte, a Giovanna I, la regina lussuriosa a Ciulla De Caro «commediante cantarinola armonica puttana», prima impresaria nella Napoli del Seicento.
Ma anche Maria d’Avalos, il fantasma di Piazza San Domenico Maggiore… o Amelia Faraone, prima sciantosa napoletana che si muoveva solo se scortata da mammà, Maria Borsa, sfacciata inventrice della mossa. E ancora giornaliste, come Matilde Serao e Jessie White Mario, rivoluzionarie, come Enrichetta Caracciolo, politiche, come Luciana Viviani.
Nel libro si ritrovano, intrecciate alla storia della città, tutte le donne simbolo di Napoli: al di là di ogni stereotipo, dal mito di Partenope a Sofia Loren.
Abbiamo intervistato per Voi, l’autrice, Agnese Palumbo.
Agnese, com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
Dai miei studi sulle donne, principalmente, e dalla mia passione per Napoli.
Definisci Napoli “una città il cui ventre è donna”. In che senso?
Napoli è una città complessa, viscerale, umorale, una città che va compresa e corteggiata con pazienza, una città che somiglia alla sua più estenuante tarantella, una danza dove si combatte fino all’ultimo fiato per ottenere l’oggetto desiderato.
Oggi l’immagine del mondo femminile è spesso quella stereotipata della tv, degli scandali sessuali in politica (la napoletana Noemi Letizia è stata forse l’apripista di scandali che tutt’oggi riempiono le prime pagine dei quotidiani).
Ma è un’immagine spesso costruita da uomini per altri uomini. Il Tuo libro è anche un modo di dissociarti dall’attualità di questi giorni?
Dissociarmi? E perché? Alcune delle mie donne hanno giocata con i pregiudizi!
Ci hanno messo dolore e fatica, hanno trasgredito gli stereotipi e hanno dominato. Questi uomini, sono i personaggi più facilmente plasmabili per una donna. Il binomio piacere- potere li domina e li ’nzallanisce (rimbambisce) da secoli.
Solo così un uomo non più giovanissimo può credere che una ventenne (o una quindicenne, pare…) stia con lui per seduzione, mentre ingurgita viagra e il pappone dietro l’angolo sgancia compensi stratosferici, in cambio di concessioni politiche.
Altro sono gli uomini dotati di spirito, di cultura di intelletto, uomini con cui ingaggiare un’autentica tenzone, sociale, politica intellettuale. Ma chi si azzarderebbe mai a confonderli?
Nel Tuo libro il lettore viene condotto con leggerezza in un volo pindarico che tocca 101 storie di donne, ma è al tempo stesso l’occasione per conoscere 101 storie di Napoli. All’interno del libro, però, l’impronta storica è tutt’altro che nozionistica. Anzi, con occhio critico fai emergere molti punti di vista inediti sulle varie storie femminili, dei veri e propri rovesciamenti di prospettiva. Puoi farci qualche esempio? (Suor Orsola, Lucrezia D’Alagno, Maria Sofia…)
È un gioco, un esperimento.
La Storia è un appassionato palcoscenico mosso dalle più autentiche emozioni, dagli istinti primordiali, dalle seducenti evoluzioni sentimentali che gli esseri umani hanno prodotto in secoli di allenamento.
Io torno a raccontare questi personaggi nella loro umanità, liberando queste donne non solo dai pregiudizi che hanno loro cucito addosso, ma anche dalla noiosa immobilità storica.
Molte di queste donne hanno agito per rabbia, per amore, per rivalsa, per ribrezzo…siamo noi, ancora le stesse, con il raffreddore e la colite nervosa, la gelosia inspiegabile, e il bisogno di tenerezza.
Scommettiamo? Maria Carolina avrebbe reagito in maniera così efferata contro giacobini se non le avessero decapitato l’adorata sorella (Maria Antonietta)? E Giovanna II, lussuriosa regina, non era forse a capo di un regno infuocato dalle guerre e cercava nell’amore la sua più dolce protezione? …
Quanto riscoprire la nostra storia con autenticità intellettuale può servire a comprendere e vivere meglio la Napoli di oggi? (mi torna in mente il figlio di Garibaldi, la rilettura neoborbonica, le 4 giornate…)
Napoli ha bisogno di riappropriarsi della propria memoria.
Un uomo senza memoria è un palo e la prima cosa che si fa per ridurre un popolo in schiavitù è privarlo della dignità storica.
Per anni ci hanno raccontato di essere un’appendice nazionale, figli di un’Unità concessa per altruismo.
Macché! La storia è tutt’altra cosa! A partire dal primo libro di gastronomia, commissionato dagli Angioini nel 1300. Ci rendiamo conto del fatto a Napoli si parlava di alta cucina nel Trecento? E se livello culturale di una nazione passa per la sua tavola, il conto è presto fatto!
Pensiamo che Gaetano Filangieri è stato l’ispiratore della Costituzione americana (come scrive Franklin nelle loro corrispondenze private) e per anni ci hanno fatto credere che l’illuminismo napoletano non esistesse!
Pietro Verri, milanese, scrive a Filangieri: “Ho sentito la voce di Ercole”, non è straordinario?
Con l’associazione culturale “Luna di Seta” siamo da anni impegnati su questo fronte, una rilettura storica, gastronomica, musicale, teatrale, anche grazie al costante impegno del presidente, Massimo Piccolo, autore e regista, e Claudio Passilongo, musicista e compositore.
Che attività svolge l’Associazione Luna di seta?
La nostra missione è “Cultura Alta a Tutti”.
Smetterla di credere che siamo la generazione figlia del Grande Fratello, in grado di fare voyeurismo e basta.
Massimo Piccolo cura Pickwick – Piccolo Laboratorio di Narrazione, finalizzato alla messa in scena di un reading-spettacolo. Quest’anno il romanzo è “Chiedi alla polvere” di John Fante. Tra i nostri appuntamenti, l’oramai storico Serata d’Autore (alla VI edizione), incontro con gli scrittori contemporanei e i grandi autori del passato e il nuovo Tuttaltr’Arte, rassegna curata da Francesca Palumbo, un evento che ha per cuore una mostra fotografica, corredata da scrittura, musica, arte, gastronomia…
Un appuntamento tenuto a battesimo dal maestro della fotografia Francesco Cito.
Il nostro magazine on line http://themoonmagazine.ilcannocchiale.it
Molte donne citate sfidano l’apparenza di una città patriarcale. Il contributo delle donne e la condizione femminile rappresentano una parte importante della tua identità di scrittrice e di blogger.
Ha ancora senso oggi riproporre la “questione di genere”?
La mia personale “questione di genere” è il diritto a rivendicare la differenza più che l’uguaglianza.
Si era parlato di Pari Opportunità, chi aveva detto appiattimento, livellamento e soprattutto chi aveva detto che l’uguaglianza doveva essere all’uso maschile?
Un esempio lampante è il diritto alla maternità. Si è passato dall’obbligo fascista a fare figli, alla totale epurazione sociale del nostro secolo. Solo se la donna vive da uomo allora vive in uno stato paritario.
E come dimenticare la questione omosessualità?
Anche lì, tanta ipocrisia, ma ci rendiamo conto che stiamo ancora a parlare dell’opportunità di siglare la costituzionalità dei matrimoni gay?
(Non per dire, anche in questo i Borbone erano avanti: nel Regno di Carlo III non si prevedevano specifiche sessuali nei matrimoni, e con Ferdinando IV- lui, il re Lazzarone- si sperimentava un codice di leggi che prevedeva l’uguaglianza di genere, il diritto al lavoro e allo stipendio, il diritto al matrimonio d’amore, alla casa, alla cura, alla sepoltura e perfino alla dote per le donne, se queste erano povere e non potevano “permettersi” l’uomo che amavano).
La Campania è donna, il sindaco di Napoli è una donna. Anche per la regione si è fatto il nome di Mara Carfagna, donna. Una coincidenza?
Non saprei, non amo questo aspetto della “reconquista” femminile- femminista.
Il diritto alle Pari Opportunità è una battaglia comune, questa è la vera emancipazione.
Quando ho pensato allo spettacolo “Sante Madonne e Malefemmine”, che ha debuttato a marzo del 2009, ho pensato immediatamente a Massimo Piccolo, come coautore e regista. La sua sensibilità letteraria, quella prospettiva registica critica, ironica e appassionata. Una modernità necessaria, per un “esperimento” teatrale, dai contenuti nuovi. Del resto a Flaubert non si disse che raccontava le donne, come una donna mai avrebbe saputo?
Donne che godono di grande visibilità e altre dimenticate. Gran parte dell’universo femminile lavora senza clamore (molti leader di associazioni, che stiamo intervistando per il progetto Napoli Innanzitutto sono donne) fornendo un contributo probabilmente molto più determinante. Quale può essere il valore aggiunto del contributo delle donne alla società?
Quello che si muove da secoli e secoli, nell’ombra, al di là della ribalta. Le donne sono capaci di grandi opere di silenziosa militanza. Un aspetto che amo collegare alla maternità, generazioni di madri e figlie, intrecciate in un unico flusso di sangue, capaci di reggere strutture sociali dall’equilibrio instabile. Le donne hanno un rapporto esclusivo con il dolore e il sacrificio, e per questo, credo, un’incapacità innata ad accettare l’ingiustizia, un senso d’indignazione autentico. È un fatto di gravidanza secondo me, nove mesi in cui sei il contenitore di qualcun altro, esiste un altruismo più grande?
Tu stessa collabori attivamente con un’associazione, Luna di Seta, con cui avete messo in scena un reading teatralizzato dal titolo emblematico “Sante, Madonne e Malefemmene”, guarda caso i tre stereotipi più noti per definire le donne.
Lo stereotipo è la forza del potere, da qualunque parte arrivi.
Ma sai quante donne, ragionano per stereotipi per comodità? La libertà di scelta è sacrificio, impegno, responsabilità. Anni addietro, casalinghe convinte criticavano le madri in carriera perché usavano i pannolini di carta, considerandole disamorate!
Premesso che i pannolini sono un danno ambientale notevole di difficile riciclo, è vero pure che sono stati alleati preziosi (come la lavatrice e il microonde…)
Solo quando avremo opportunità uguali per tutti/ tutte avremo la possibilità di riscattare il diritto alla sfumatura, il diritto ad essere, sante madonne e malefemmine, contemporaneamente.
Aggiungo che una valletta-ballerina, ministro delle Pari Opportunità è quanto di più straordinariamente emancipato che una società civile possa partorire. Chi ha detto che brutto=intelligente e bello=stupido?
Non voglio ragionare sui passaggi politici e privati che hanno portato all’assegnazione di questa carica, mi piace solo pensare che in futuro potrebbe essere così, esclusivamente per meriti personali.
Il teatro, la scrittura, il giornalismo… quante passioni!
Proprio le passioni sono il forse il punto di forza delle donne ed in particolare delle donne napoletane?
(mi rifaccio anche ai modelli cui ti ispiri, penso a Lina Sastri, Licia Maglietta, M.A. De Cesare o Luciana Viviani)
È tutto parte di un’unica cosa a pensarci bene. La volontà di indagine, il bisturi microscopico che taglia il velo per andare oltre. Quanto oltre è difficile dirlo, ci sono donne che in tempi passati hanno svelato senza timore, muovendo l’umanità in avanti.
Quali sono invece le figure storiche che ti hanno maggiormente toccato?
Maria Sofia senza dubbio e Michelina De Cesare, rispettivamente l’ultima regina di Napoli, soldato al fronte di Gaeta, e la brigantessa che ha combattuto i Savoia. Per introdurre le loro storie ho scelto una frase di Brecht: “Ci sedemmo dalla parte del torto, perché tutti gli altri posti erano occupati”.
È così, questo pezzo di storia, l’altra parte del fronte, era la parte sbagliata, quella da eliminare, da combattere. Oggi io mi siedo con loro, perché l’esperienza mi ha insegnato che dalla parte del torto a volte c’è la ragione, e che di fronte c’è lo strapotere e la prepotenza, le penne d’oro con cui si scrive la storia.
Agnese, sei anche autrice di 101 cose da fare a Napoli almeno una volta nella vita. Napoli è una città meravigliosa, piena di bellezze storiche e artistiche. Mi hai raccontato di come anche grazie al tuo libro alcune scolaresche hanno deciso di voler venire a visitare la nostra città rivalutandola più di quanto avrebbero immaginato.
Come stai vivendo in questi giorni la riproposizione dell’emergenza rifiuti e la ripercussione che può avere sul turismo, uno dei settori di punta dell’economia partenopea?
Nausea, e non certo per la puzza!
Nausea perché un sottosegretario afferma che “se erutta il Vesuvio non è una gran disgrazia” e mi chiedo se parla l’animo leghista- razzista o parla l’uomo che ha banchettato sulla ricostruzione a l’Aquila.
Wow! E quando ci ricapita l’occasione di un terremoto? E che meraviglia sarebbe un’eruzione?
La questione rifiuti è difficile e complessa. Ma davvero???
I napoletani fanno la raccolta differenziata dal 1800, è scritto nei resoconti del viaggio in Italia di Goethe: diciamo piuttosto che ai camion carichi di rifiuti indecifrabili è più facile mischiare altri camion, targati industrie del Veneto o del Piemonte, rifiuti che il Po non riesce più a smaltire, rifiuti mortali, tossici, che costerebbe dieci volte tanto riciclare secondo le norme vigenti.
Ah! Mi chiedo da anni, a chi conviene la camorra? Ai napoletani, no, certamente.
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