Gen 31, 2018 | Notizie | 0 commenti

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LA SALUTE DEI CITTADINI, LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE E I NUOVI MODELLI ECONOMICI NELL’ERA DIGITALE

A marzo, con le nuove elezioni, la forza politica vincitrice dovrà fare i conti con un nuovo modello sociale, economico ed ambientale che la rivoluzione digitale a livello globale, iniziata ormai qualche anno fa, sta determinando..

Nel settembre 2015, l’ONU ha approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile, fissando i 17 Obiettivi di sviluppo da perseguire prioritariamente. Il concetto fondamentale ed innovativo di tale Agenda è che la sostenibilità non può più essere considerata una questione solo ambientale ma anche economica e sociale e non può riferirsi unicamente ai Paesi sviluppati bensì anche a quelli emergenti ed in via di sviluppo. Ne consegue la necessità che ogni Paese stabilisca  una propria strategia di sviluppo sostenibile coinvolgendo al proprio interno tutte le componenti primarie del settore socio economico pubblico, privato e del terziario.

Sarà compito dell’ONU armonizzare, coordinare e verificare l’attuazione dei provvedimenti migliorativi ed il raggiungimento in ogni Paese degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Solo così il problema potrà avere soluzione concreta e globale per il mondo intero.

AMBIENTE.

L’ITALIA è tra i peggiori paesi europei per l’inquinamento atmosferico che, con 1.500 decessi per milione di abitanti, fa più morti degli incidenti stradali. Lo rivela il rapporto “La sfida della qualità dell’aria nelle città italiane” presentato al Senato dalla Fondazione sviluppo sostenibile, “think tank” del 2017. Nove persone su 10 vivono in luoghi con livelli di inquinamento più alti di quelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’Italia, si legge nel rapporto, ha circa 91.000 morti premature all’anno per inquinamento atmosferico, contro le 86.000 della Germania, 54.000 della Francia, 50.000 del Regno Unito, 30.000 della Spagna. Per le polveri sottili PM2,5 si contano nel nostro Paese 1.116 morti premature all’anno per milione di abitanti, contro una media europea di 860. La zona dove il particolato fine uccide di più è l’area di Milano e hinterland, poi Napoli, Taranto, l’area industriale di Priolo in Sicilia, le zone industriali di Mantova, Modena, Ferrara, Venezia, Padova, Treviso, Monfalcone, Trieste e Roma. Per il rapporto, l’agricoltura è responsabile del 96% delle emissioni italiane di ammoniaca. Secondo i ricercatori, il comparto agricolo deve promuovere interventi volti a ridurre l’azoto in eccesso nei terreni (con agricoltura di precisione e copertura dei suoli), mitigare l’impatto degli allevamenti (attraverso mangimi speciali e la produzione di biometano) e sviluppare l’agricoltura biologica meno impattante. Gli altri punti del decalogo propongono la riduzione del numero delle auto private, gli investimenti sul trasporto pubblico urbano, l’aumento dei mezzi elettrici e ibridi, il rinnovo degli impianti di riscaldamento, una migliore gestione delle biomasse (molto inquinanti per particolato e benzopirene). Il nono punto del decalogo riguarda ancora l’agricoltura con le emissioni di ammoniaca  che producono il 35% delle Pm10 a Milano: servono tecniche per ridurre l’azoto nei terreni, mangimi speciali che taglino la produzione del metano dagli allevamenti.
E’ di questi giorni un duro monito della Commissione Europea in particolare a Germania, Italia, Francia, affinchè gli stati notevolmente inadempienti avanzino proposte di riduzione dell’inquinamento ambientale che se non saranno ritenute convincenti porteranno le Nazioni interessate dinanzi alla Commissione di giustizia che potrebbe infliggere pesanti multe.
Nel mirino della U.E. c’è nell’ultima ora la Germania per il caso dei test anche su cavie umane relativi all’inquinamento del biossido d’azoto degli scarichi delle autovetture diesel.
I test sarebbero finalizzati a domostrare che l’inquinamento da diesel non è più dannoso di altre fonti cercando così di far propendere  a proprio favore il dibattito molto sentito in Germania dell’abbandono del diesel. L’industria guarda al passato e cioè al Diesel invece di guardare al futuro e cioè all’elettrico!

ECONOMIA DIGITALE

Un altro fattore determinate del cambiamento in atto è quello dell’avvento dell’economia digitale che comprende tutte le diverse tecnologie sia hardware che software: dai sistemi cloud al mobile, dall’Internet of Things ai Big Data, fino ai social network per arrivare al Bit Coin.
Il primo a parlare di economia digitale è stato Don Tapscott nel 1995 con il testo “The Digital Economy: Promise and Peril in the Age of Networked Intelligence“, in cui si discuteva di come il digitale avrebbe cambiato radicalmente il modo di fare business. Oggi, infatti, i modelli tradizionali non sono più adatti: c’è bisogno di nuovi processi produttivi, nuovi modi di approcciarsi ai problemi e, soprattutto, nuovi modi di trasferimento della conoscenza. Ogni impresa, quindi, è destinata a divenire una tech company: se finora c’è stata sempre una netta distinzione tra le imprese tecnologiche e quelle “tradizionali”, oggi, grazie a strumenti come il data analytics e la diffusione di tecnologie hardware più economiche e compatte anche le cosiddette imprese tradizionali possono ottimizzare i propri processi e creare nuovo valore per i consumatori. Un esempio è la grande integrazione tra store online e negozi fisici, che apre nuove frontiere per chi vuole fare impresa e avere successo.
Questa innovazione, rappresenta per l’Italia, per i cittadini e il  tessuto industriale una grande opportunità di sviluppo, come confermano le rilevazioni Assinform – condotte in collaborazione con NetConsulting Cube sul trend del mercato digitale italiano che è in continua e rapida crescita.

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