Ott 3, 2018 | Notizie | 0 commenti

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LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE VUOLE VERAMENTE RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA CORRUZIONE?

Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha dato alle stampe il suo contributo sul nuovo disegno di legge “Misure per il contrasto dei reati contro la Pubblica amministrazione” (cd. ddl Bonafede). Ne ha delineato le opportunità ed i possibili rischi per la lotta alla corruzione.

Fra i temi affrontati, in un’ottica sia di repressione che di prevenzione della corruzione, spiccano l’aggravamento del trattamento sanzionatorio, l’estensione della possibilità di confisca, l’inasprimento delle sanzioni accessorie, l’ampliamento della disciplina delle operazioni sotto copertura e le nuove norme in materia di trasparenza del finanziamento privato alla politica. In generale il suo giudizio è più che positivo, nonostante la risultanza di alcune criticità: «Se nel complesso il giudizio di merito può essere sostanzialmente favorevole, sia pure con qualche riserva, le proprietà “taumaturgiche” attribuite al ddl rischiano tuttavia di sovraccaricare il provvedimento di previsioni eccessive. Innanzitutto perché è impossibile prevedere la forma che, conclusi i vari passaggi parlamentari (che non si prevedono facili né indolori), il disegno di legge acquisirà al momento di essere promulgato. In secondo luogo poiché il ddl Bonafede è solo l’ultimo di una serie di provvedimenti volti al contrasto dei fenomeni corruttivi e parlarne come se l’Italia fosse all’“anno zero”, quasi che nulla fosse stato fatto finora, rischia di ingenerare la fuorviante attesa di risultati immediati, laddove la lotta alla corruzione richiede per definizione tempi lunghi».

Di “Tempi lunghi” parla Cantone e la Pubblica Amministrazione recepisce “Tempi infiniti”. E questi tempi di attuazione di una vera e costante lotta alla corruzione rischiano di prolungarsi non tanto perché non ci sono leggi da applicare, ma soprattutto perché manca una reale volontà politico-amministrativa di combattere il problema.

Si prenda come esempio emblematico la legge n. 179 del 30 novembre 2017 riportante le “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”. Tale legge fa seguito al decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, in materia di tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti.

Dunque, dall’ultimo monitoraggio eseguito alla fine del 2017, sono trascorsi ben 17 anni. In questo lungo periodo, come si sono comportate le Pubbliche Amministrazioni?

È stato esaminato un campione di 577 amministrazioni concernenti diversi comparti, tra cui: Ministeri, Enti Pubblici non Economici, Agenzie ed altri enti nazionali, Regioni e Province autonome, Province e Città Metropolitane, Comuni di piccole e grandi dimensioni, Aziende sanitarie locali ed Ospedaliere, Istituti di ricoveri e Cura a carattere scientifico, Camere di commercio, Università statali e Ordini Professionali. I risultati del monitoraggio per comparto mostrano un andamento piuttosto disomogeneo.

In estrema sintesi, la legge ha introdotto obblighi per le Pubbliche Amministrazioni, tra cui l’utilizzo di modalità anche informatiche e il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione. Però, mentre ci sono stati miglioramenti per quanto riguarda i Piani di Prevenzione della Corruzione, permangono diverse criticità in particolare nelle fasi del processo di gestione del rischio, maggiormente accentuate su alcuni comparti, e uno scarso coordinamento del Piano con gli altri strumenti di programmazione adottati dalle Amministrazioni.

Ma è soprattutto a livello di misure ritenute ritorsive nei confronti di chi è venuto a conoscenza, in ragione del proprio rapporto di lavoro, di condotte illecite, che il problema non è stato ancora risolto. E l’utilizzo di modalità tecnologicamente avanzate è ritenuto da tali soggetti l’unico baluardo alla loro protezione nei confronti di azioni di sanzionamento, demansionamento, licenziamento, trasferimento o altri condizionamenti vari.

Le PA però sono ancora l’età della pietra per quanto riguarda lo sviluppo e l’uso di tecnologie digitali e quindi chi vorrà sentirsi al riparo da effetti negativi conseguenti alle proprie segnalazioni, dovrà rivolgersi a enti privati oppure al Difensore Civico, il quale sarà tenuto non solo a salvaguardare le sua condizioni lavorative, ma anche a far rispettare la legge alle singole Pubbliche Amministrazioni.

Il cittadino deve venire sempre prima di qualsiasi altro interesse, deve essere sempre tutelato e quest’ultimo, da parte sua, deve responsabilmente sentirsi al servizio dell’intera comunità civile.

La corruzione è un male che può avere tempi molto brevi, se ci fosse la volontà di debellarla definitivamente.

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