PRESUPPOSTI DELLA RICERCA
Negli ultimi trent’anni si è assistito a un aumento senza precedenti sia della copertura delle reti di comunicazione wireless sia del conseguente livello di esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza. C’è una crescente preoccupazione che questo rapido cambiamento ambientale possa avere conseguenze inaspettate sugli organismi viventi.
OBIETTIVI DELLA RICERCA
Le ricerche esistenti sulle piante hanno dimostrato che le radiazioni a radiofrequenza possono influenzare la loro crescita e il loro sviluppo, l’espressione genica e varie attività metaboliche. Tuttavia, questi risultati derivano in gran parte da esposizioni di breve durata di piante coltivate in condizioni di laboratorio. Non è ancora chiaro in che misura le piante siano influenzate dalle radiofrequenze artificiali negli ecosistemi reali. La sottoindicata ricerca si è posta meritoriamente l’obiettivo di valutare gli effetti a lungo termine dell’esposizione a radiofrequenza sulle piante selvatiche in condizioni di campo sperimentale controllato:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1470160X23004090?via%3Dihub
MATERIALI E METODI
In tale ricerca sono stati analizzati gli impatti dell’esposizione a radiofrequenze (banda di frequenza 866-868 MHz), dalla germinazione dei semi alla maturazione, di dieci piante erbacee comuni per un periodo di quattro mesi.
RISULTATI DELLA RICERCA
Per una specie, Trifolium arvense, sono stati osservati effetti in diversi stadi di sviluppo della pianta.
Nel corso della stagione di crescita le piante di Trifolium arvense esposte a radiofrequenza sono entrate in anticipo nella fase di senescenza.
Tale fase di senescenza si è manifestata con una riduzione dell’area verde delle foglie e un aumento dell’area delle foglie decolorate.
Risulta che gli effetti dell’esposizione a rilevanti livelli di radiofrequenze possono essere permanenti e irreversibili nelle piante che crescono nell’ambiente.
Come da sempre sostenevano, l’impegno per difendere la natura (oltre gli esseri umani) ne deve tenere conto.
Dott. Paolo Orio
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