In Italia la legge dà la possibilità agli adolescenti di iniziare a lavorare a 16 anni, avendo assolto l’obbligo scolastico. Emerge, invece, che quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto, un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita, ovvero 16 anni.
I minori che lavorano prima dell’età consentita per legge rischiano di compromettere i loro percorsi educativi e di crescita. Tuttavia, la mancanza nel nostro Paese di una rilevazione statistica sistematica sul lavoro minorile non consente di definirne i contorni e intraprendere azioni efficaci di contrasto al fenomeno.
I SETTORI IN CUI È DIFFUSO IL LAVORO MINORILE IN ITALIA
I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono:
- la ristorazione (25,9%);
- la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%);
- seguiti dalle attività in campagna (9,1%);
- dalle attività in cantiere(7,8%);
- dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%).
Ma emergono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Nel periodo in cui lavorano, più della metà dei ragazzi lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.
PRINCIPALI CAUSE DEL LAVORO MINORILE IN ITALIA
Tra i motivi e le cause che spingono ragazzi e ragazze ad intraprendere percorsi di lavoro ci sono la necessità di avere soldi per sé e la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori.
Il livello di istruzione dei genitori, in particolare della madre, è significativamente associato al lavoro minorile. La percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media è significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che deve comportare azioni contro la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione.
Le cause principali del lavoro minorile sono, infatti, particolarmente associate ai contesti familiari e socioeducativi in cui i minori vivono, a partire dalla condizione di povertà ed esclusione sociale.
CONSEGUENZE DEL LAVORO MINORILE: TRA DISPERSIONE SCOLASTICA
Tra i 14-15enni che lavorano, quasi 1 su 3 lo fa durante i giorni di scuola ed alcuni di questi, di conseguenza, saltano le lezioni per lavorare. Ciò comporta che la percentuale di minori bocciata durante la scuola secondaria di I o di II grado è quasi doppia tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato.
La crisi economica e l’aumento della povertà in Italia rischiano di far crescere il numero di minori costretti a lavorare prima del tempo, spingendo molti ragazzi verso le forme di sfruttamento più intense.
IL PENSIERO DI CIVICRAZIA
Il rimedio allo sfruttamento del lavoro minorile è intervenire subito anche con le scuole per chi non rispetta l’obbligo formativo o è situazione a rischio. Soltanto attraverso la diffusione del diritto all’istruzione si può rompere il circolo vizioso tra occupazione e povertà.
La sfida è quella di garantire un’attenzione determinata a tale fenomeno e formazione di qualità che possa portare i ragazzi verso un futuro di lavoro dignitoso e giustamente retribuito.
Fabio Riccio
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