Tempo di lettura: 8 minuti

25 ANNI DELLA LEGGE 68/99, UN BILANCIO TRA LUCI ED OMBRE

La Legge 68/99 nella teoria vedeva un’attuazione semplice: ogni impresa (pubblica o privata) deve avere tra i propri dipendenti il 7% di persone con invalidità e un ulteriore 1% di categorie protette (orfani e coniugi di morti di guerra, per lavoro e categorie assimilate).

Con una Legge così chiara e 25 anni a disposizione per metterla in pratica, sarebbe logico pensare che oggi l’Italia sia il faro che guida le altre Nazioni nell’inclusione delle persone con disabilità, non solo dal punto di vista legale ma anche da quello sociale.

Nonostante, però,  tale chiarezza della nostra Legge, ancora così non è: la disoccupazione tra le persone con invalidità è quasi del 70% .

Per capire quanto sia necessario un impegno ulteriore delle organizzazioni, ecco alcuni dati:

  1. su 1 milione di persone già appartenenti alle Categorie Protette in età lavorativa, soltanto 300 mila sono occupati;
  2. nonostante questo gap, le organizzazioni ogni anno rischiano diverse tipologie di sanzioni;
  3. in più, a seconda delle posizioni e delle tipologie di lavoro, emerge una polarizzazione molto forte degli stipendi: siccome le organizzazioni possono assumere persone con disabilità in modalità differenti  da un lato diversi soggetti con invalidità sono impiegati al minimo sindacale; dall’altro lato però registriamo RAL fino al 25% più alte per lavoratori con invalidità a parità di competenze con altri professionisti del settore.

Un meccanismo su carta perfetto, ma che si è inceppato nell’attuazione pratica.

Occorre ora un impegno per un’applicazione e soluzione complete.

 

Un percorso in continua crescita: i due grandi pilastri di oggi

25 anni, comunque, di crescita: è innegabile che negli ultimi anni la cultura dell’inclusione e dell’integrazione in Italia abbia fatto enormi progressi.

Questo perché le aziende sono sempre più consapevoli del valore dell’inclusione, e al contempo sono alla ricerca costante di talenti tra i professionisti con invalidità, perché è ormai evidente il forte valore aggiunto che portano sia in termini economici, sia (e ancor più) a livello culturale e di mindset aziendale.

Ecco perché quest’anno, proprio in occasione dei 25 anni della Legge 68/99, diventa ancor più fondamentale e significativo agire concretamente sulla disabilità e sulla cultura dell’inclusione in azienda, con la speranza che le organizzazioni si impegnino totalmente a questo proposito, auspicando di tornare a parlarne al trentesimo anniversario con ben altri numeri alle spalle.

Paolo Colombo, Avvocato, Garante dei Diversamente Abili 

 

Articoli Correlati

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *