Mar 4, 2025 | Battaglie | 0 commenti

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LE OMBRE SUL DIFENSORE CIVICO PER LA REGIONE CALABRIA

La tanto attesa elezione

Il Difensore Civico in Calabria fu istituito per la prima volta con la legge regionale n. 4 del 16 gennaio 1985. Sin da allora, tante legislature si sono succedute, ognuna con le sue promesse e i suoi impegni. In questo lasso di tempo, la sua figura è stata inserita nel nuovo Statuto della Regione Calabria (art. 6) a significare la sua importanza, ma nel concreto la direzione adottata dai vari Consigli Regionali che si sono succeduti tradiva totalmente i buoni propositi espressi.

Nessuna legislatura pare essersi concretamente impegnata per la sua effettiva elezione e una sola volta si tentò di riformare organicamente la carica (proposta di legge n. 114/9). L’iter si arenò prima di arrivare alla discussione in aula. Alla fine l’unica modifica che avvenne in questi anni in relazione al Difensore civico fu il taglio della sua indennità (LR n. 3/2011).

Con un po’ di stupore e tanta meraviglia, si apprende finalmente che, a fine 2021, a distanza di trentasei anni dalla pubblicazione della legge del 1985, vengono avviate finalmente le procedure che porteranno all’elezione del Difensore Civico per la Regione Calabria.

 

Brevissima cronistoria dell’iter

L’iter per l’elezione comincia con la deliberazione n. 10/2021 dell’Ufficio di Presidenza, con cui si avvisano gli interessati che si procederà alla nomina degli organismi di garanzia all’oggetto, tra i quali è presente il Difensore Civico, e che è possibile presentare le candidature con i moduli in allegato.

Seguono le deliberazioni n. 18/2022 dell’Ufficio di Presidenza con cui si prende atto della verifica dei requisiti fatta dalla Segreteria dell’Ufficio di Presidenza, e la n. 30/2022 con le liste aggiornate a seguito delle richieste di riesame degli esclusi.

Il 18 maggio 2022 viene depositata presso la Segreteria dell’Assemblea del Consiglio Regionale la Proposta di Provvedimento Amministrativo n. 58, che verrà poi posta all’ordine del giorno della 22esima seduta del Consiglio Regionale, in data 20 febbraio 2023.

Il 20 febbraio 2023 avviene la votazione in Consiglio Regionale, che vede eletto Ubaldo Comite come nuovo Difensore Civico per la Regione Calabria.

 

Una decisione arbitraria

Il primo problema che risalta con l’elezione del Difensore Civico per la Regione Calabria è l’assenza delle motivazioni della scelta effettuata. Il Consiglio di Stato, pur fra contrastati orientamenti, ha ribadito che, seppur connotati da ampia discrezionalità, anche gli atti di nomina sono atti amministrativi, e come tali devono essere motivati, per non rischiare di sconfinare nell’arbitrio (si consiglia a tal riguardo la lettura dei punti 13.1 e ss. della sentenza 583/2023 sez. V). Anche la nomina consiliare del Garante dei disabili della Regione Campania fu giustamente annullata per mancanza di motivazione.

L’atto di nomina del Difensore Civico per la Regione Calabria non riporta alcuna motivazione sul perché sia stato scelto Ubaldo Comite. In aggiunta, non vi è stata neanche una discussione in aula, ma si è proceduto subitaneamente alla votazione appena dopo l’annuncio della questione.

Già su queste basi la nomina suscita qualche dubbio.

 

La scoperta dell’incompatibilità

Emerge poi che Ubaldo Comite è attivo come docente presso l’Università Telematica “Giustino Fortunato” (in breve “UniFortunato”).

Secondo l’art. 6 c. 2 della LR. 4/1985, “L’ufficio del difensore civico è incompatibile {…} con l’esercizio di qualsiasi attività di lavoro autonomo e subordinato, nonché di qualsiasi commercio o professione.”

 

Una falsa attestazione?

Sulla base di tale scoperta, cominciamo a indagare più approfonditamente sulla nomina.

Il D.lgs. n. 97/2016 ha concretizzato il diritto alla trasparenza amministrativa introducendo l’istituto dell’accesso civico generalizzato, che consiste nella possibilità per tutti i cittadini di richiedere dati, informazioni e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli già oggetto di pubblicazione obbligatoria, con l’unica condizione che l’accesso non causi pregiudizi ad interessi rilevanti (es. diritto alla privacy, ordine pubblico, ecc…). Questo istituto mira a promuovere forme diffuse di controllo sull’operato delle pubbliche amministrazioni e, come voluto dallo spirito di tale istituto, lo usiamo per approfondire questa situazione dubbia.

Otteniamo la domanda di candidatura, da cui veniamo a conoscenza che Ubaldo Comite ha spuntato la casella in cui dichiara “di non trovarsi in nessuna ipotesi prevista quale causa di incompatibilità dalla normativa vigente”.

In base alle informazioni presenti sul sito di UniFortunato, può dedursi che Ubaldo Comite fosse già docente al momento della candidatura (ad es. al 2020 risulta già membro del Senato Accademico). Quindi è possibile che tale dichiarazione sia falsa, considerando che la normativa prevede che qualsiasi attività lavorativa sia causa di incompatibilità e che è ragionevole pensare che egli sia stato docente in via continuativa basandosi sulle informazioni presenti sul sito UniFortunato. Chiediamo al Consiglio regionale e a Ubaldo Comite di fare sapere.

 

Una reazione scomposta

Chiediamo al Consiglio Regionale di chiarire la situazione e di avviare le procedure di accertamento dell’incompatibilità e, in caso essa fosse accertata, di decadenza.

Il Consiglio Regionale non risponde inizialmente, ma lo fa dopo aver inviato formale diffida. Nella risposta comunica laconicamente che si stanno valutando le determinazioni da assumere.

Nella stessa data di questa risposta, il consigliere regionale Gianluca Gallo deposita una proposta di legge di interpretazione autentica (n. 341/2024) in cui si dispone che l’incompatibilità di cui all’art. 6 c. 2 vada riferita solo a casi di effettivo conflitto di interessi. Tale proposta, in meno di due settimane, è portata in aula e approvata, diventando la LR 43/2024.

Le leggi di interpretazione autentica sono un particolare tipo di legge con cui il legislatore sceglie quale delle possibili interpretazioni di una legge sia conforme alla volontà del legislatore originario. Trattandosi quindi di un’interpretazione di una legge preesistente, i suoi effetti sono retroattivi.

Andiamo quindi a esaminare la legge originale e l’interpretazione attuale.

Vista l’estensività con cui la legge originale esclude qualunque attività lavorativa, appare difficile che il legislatore originale volesse rendere incompatibili solo attività lavorative che rappresentano un effettivo conflitto di interessi. Piuttosto il legislatore probabilmente voleva che il Difensore Civico fosse tale a tempo pieno per assicurare la miglior attenzione alla difesa civica del cittadino.

Venendo all’interpretazione fornita attualmente, è palese non vi sia alcun appiglio semantico nel testo dell’articolo che va ad interpretare né, a differenza di quanto indicato nella relazione illustrativa, è stato trovato alcun indizio che la riduzione dell’indennità di cui alla LR 13/2011 sottintendesse dall’allora legislatore un’apertura alle altre attività lavorative.

In ragione di ciò, la legge interpretativa in esame è di dubbia legittimità in quanto non si sta limitando a interpretare la legge ma ne sta cambiando il significato.

 

Ipotesi sulle ragioni della legge

Negli anni abbiamo visto che l’attività dei legislatori e gli atti delle amministrazioni pubbliche hanno subito un graduale abbassamento di “qualità”. L’enorme mole di questioni da trattare, unita spesso a una carenza di personale tecnico qualificato che spesso preferisce lavorare nel settore privato, che offre maggiori remunerazioni e migliori prospettive di carriera, hanno portato a una gestione sempre più approssimativa degli affari pubblici.

Gli effetti di questa realtà li vediamo giornalmente, ad esempio quando leggiamo qualche notizia che riferisce dell’ennesimo bando andato deserto perché magari aveva richieste poco chiare e mal studiate, o, ancora, quando dei fondi europei restano non spesi siccome l’amministrazione destinataria non ha proprio in organico del personale che abbia le necessarie competenze per la gestione dei bandi o, ancora, quando leggiamo di aziende che temono a investire perché il quadro normativo di certi settori è confusionario.

Tutte queste notizie in realtà sono solo la punta dell’iceberg. Esiste una quantità impressionante di situazioni dubbie creatisi a seguito di errori grossolani e dimenticanze, di cui però il pubblico ignora totalmente l’esistenza non essendo, giustamente, questioni di rilevanza generale. Queste questioni, però, finiscono ugualmente per creare enormi problemi sia alle pubbliche amministrazioni che ai cittadini, perché, un’attività amministrativa e legislativa mal pensata è come dell’asfalto sottile posato di fretta: necessiterà a breve di una seconda passata correttiva. Ecco il tipo di situazione a cui ci troviamo davanti.

La questione non torna, qualsiasi ipotesi consideriamo.

Ipotizzando che l’intenzione del Consiglio Regionale fosse sin dall’origine di considerare incompatibili solo le attività lavorative che rappresentano un effettivo conflitto di interessi, esso avrebbe dovuto emanare una legge ordinaria che modificasse la LR 4/1985 prima di iniziare le procedure di nomina. Ciò non è avvenuto probabilmente perché chi ha trattato la questione non ha avuto l’accortezza di esaminare per tempo la normativa di riferimento e accorgersi che escludeva qualunque attività lavorativa senza eccezioni, o la ha esaminata ma non ha avuto le competenze necessarie a riconoscere il problema sottocchio.

Ipotizzando che Ubaldo Comite non volesse attestare il falso, è possibile che egli non abbia letto la LR 4/1985 e che quindi fosse veramente convinto non vi fossero incompatibilità. Nella sua domanda di candidatura, a prova della sua competenza giuridico-amministrativa, ha enumerato ben 56 incarichi ricoperti nell’arco di circa un ventennio, di cui ben 10 ancora in corso alla presentazione della candidatura. Dati i tanti incarichi ricoperti, a cui si aggiunge inoltre la sua attività come docente universitario, non è ragionevole pensare che non comprendeva l’incompatibilità.

Oggi non vi sono vie di uscita decorose che non prevedano o la rimozione dell’incompatibilità (es. chiedendo le dimissioni dal posto di docente universitario), o la decadenza e l’indizione di un nuovo bando finalizzato alla nomina di un altro Difensore Civico.

In una strada apparentemente senza uscite che non comportino rinunce o ammissioni di responsabilità da qualcuna delle parti, viene in soccorso del Consiglio Regionale l’ultimo jolly di ogni legislatore che, per salvarsi dalla sua stessa incompetenza, è stati costretto a cambiare retroattivamente le carte in tavola: la legge di interpretazione autentica.

In questi casi non è raro che la Corte Costituzionale la dichiari illegittima sulla base del valore innovativo invece che interpretativo ma solo in un giudizio pendente può porsi tale problema. Nessun candidato ha inteso porre le questioni e il Cittadino calabrese deve assistere a questa indecorosa vicenda.

Al termine dei giochi, il Difensore Civico, organismo di garanzia posto a tutela del cittadino dai soprusi delle pubbliche amministrazioni, nel caso della Regione Calabria vede la sua procedura di elezione diventare una testimonianza di alcuni dei più grandi problemi che affliggono le pubbliche amministrazioni ai giorni nostri: mancanza di competenze, negligenze, dimenticanze, arbitrio, tutela di posizioni illegittimamente mantenute.

Maria Loretp

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