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APPALTI: BASTA CORRUZIONE E ILLEGALITA’

Riflettiamo sul “caso Venezia” con le inchieste che vedono Renato Boraso, assessore alla mobilità del Comune di Venezia (che dal carcere ha dato le dimissioni) accusato di 11 diversi episodi di corruzione negli ultimi sei anni per circa 500mila euro. Riflettiamo sulla vicenda che vede coinvolto il sindaco Brugnaro, che riguarda le trattative con l’imprenditore di Singapore Chiat Kwong Ching per l’area dei “Pili” alle porte di Venezia, di proprietà dello stesso Brugnaro, e il blind trust che gestisce il patrimonio che il sindaco creò quando venne eletto.

Prima che fosse nota la grande operazione della GdF, già era emerso un incontro tra Brugnaro e il magnate cinese Kwong per l’affare relativo ai terreni contaminati che sono inseriti nel sito inquinato di Porto Marghera.

Addirittura emerge che il sindaco di Venezia Brugnaro con una mano trattasse da imprenditore la vendita e la valorizzazione dei suoi terreni, e con l’altra mano, quella del sindaco, si stesse assicurando di gestire tutte le autorizzazioni e i passaggi necessari per la buona riuscita dell’operazione.

Le indagini a Venezia sono estese, sono in corso sequestri preventivi e nel registro degli indagati sono finiti anche, tra gli altri, il manager italiano dell’azienda Chiat Kwong Ching e il direttore generale di Actv (Azienda del Consorzio Trasporti Veneziano).

Sarà naturalmente l’autorità giudiziaria ad occuparsene.

Quello che oggi risulta è che basta cercare su Google le parole chiave “appalti e corruzione” per trovarsi davanti a una sfilza di casi in corso di accertamento. Fra questi gli appalti truccati in Regione Puglia, gli appalti truccati nel settore Sanità in Calabria, gli appalti truccati in strutture ospedaliere e aziende sanitarie della Regione Marche. E poi Milano, Roma, Brescia, Modena …

 

Business da milioni di euro, sistemi ingegnosi, collusione tra imprenditori, politici, funzionari pubblici.

Impossibile seguirli tutti, impossibile documentarsi su ognuno. È possibile invece indignarsi.

Ma non basta. Non basta indignarsi.

Se l’amministrazione pubblica non è più corretta e trasparente, se non è più interprete e custode del bene comune e dell’interesse dei cittadini, non possiamo limitarci a perseguire i reati e condannare il cattivo costume. Dobbiamo operare per la politica di cittadinanza attiva che vigila, denuncia, contrasta. Dobbiamo esercitare il potere di riformare pubbliche funzioni, modalità selettive, scegliere. Dobbiamo diffondere l’idea che la “furbizia” che fa affari sulla nostra pelle abusando di ruoli e posizioni è immonda e va stroncata. Dobbiamo assumerci la responsabilità di schierarci sempre dalla parte della giustizia.

 

All’inclinazione a delinquere bisogna opporre una cultura della coscienza civile e sociale. Urgentemente.

Altrettanto urgente, lo sappiamo bene, è che vengano snelliti i tempi processuali perché le eventuali innocenze non devono subire il lungo dramma dell’errata accusa e della gogna mediatica.

Tutto questo è un impegno civicratico irrinunciabile e indifferibile. Il tema, infatti, non è la singola situazione ma una diffusione che radica un diffuso senso di libero abuso e di garantita impunità. E che, spaventosamente, rischia di generare sempre più sfiducia dei Cittadini nei confronti delle Istituzioni.

Invece non dobbiamo cedere a questa rassegnazione. Sarebbe l’ennesimo errore, l’ennesimo favore a chi vuole approfittare della paura, dell’indifferenza, dell’omertà.

Antonella Mollia

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