Bianco e azzurro sei.
Con le isole che stanno lì.
Le rocce e il mare.
Coi gabbiani.
Mediterraneo da vedere.
Con le arance.
Mediterraneo da mangiare.
Così cantava Pino Mango nella bellissima canzone scritta insieme a Mogol nel 1992.
Oggi, nell’epoca della Macroregione Mediterranea, a dieci anni dalla scomparsa del cantautore lucano, il regista, fumettista e animatore Alessandro Rak lo omaggia con un videoclip di una delle sue canzoni più toccanti.
La prima è stata già presentata il 28 settembre al Matera International Film Festival alla presenza di Laura Valente, vedova del cantante.
«Più che inseguire una trama, ho deciso di centrare il corto su un singolo personaggio e sul suo rapporto con i luoghi», racconta il regista, «un’anima naufraga che si muove tra passato, presente e sogno. Un’anima libera, poetica. Un uomo vestito di bianco alla deriva nel mare. La sua mente ripercorre le memorie dei viaggi passati: visioni e incanti mediterranei. Un’anima persa che pare volersi abbandonare alle onde e comincia ad affondare».
L’uomo plana nel cielo tra meravigliosi scenari. Incontra anche una dea prosperosa: è l’anima del Mediterraneo che lo accoglie in un abbraccio materno e lo riporta al suo viaggio etereo e spirituale.
Mediterraneo da soffrire, sotto il sole mediterraneo per morire perché il Mar Mediterraneo è anche “mare mostrum”, dolorosa tomba di tanti migranti, lasciati morire in mare, gli stessi che nel video di Rak salvano il protagonista.
MEDITERRANEO IN ATTESA DI STRATEGIA
Il Mar Mediterraneo qualora la Strategia della Macroregione Mediterranea fosse stata già approvata si sarebbe evoluto maggiormente tanto sul piano culturale quanto economico e politico. Come scriveva lo storico francese Georges Duby «quando pensiamo alle realizzazioni umane, all’orgoglio e alla felicità di essere uomini, il nostro sguardo si rivolge al Mediterraneo. La fonte è lì, nel Mediterraneo, la sorgente profonda della cultura alta di cui la nostra civiltà mena vanto».
Oggi con la Macroregione Mediterranea è nata una “coscienza mediterranea” in attesa di un’unità politica, economica e sociale.
Lo storico francese Fernand Braudel alla domanda Che cos’è il Mediterraneo? rispondeva: «Mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi, non un mare, ma una successione di mare. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre».
UNITÀ EVIDENTE E VIVENTE
La prima intuizione dello storico è pertanto quella di ricercare questa “unità evidente e vivente” nella realtà materiale del Mediterraneo come nella sua storia spirituale. «Il Mediterraneo è un vecchissimo crocevia. Da millenni tutto confluisce verso questo mare, in cui la storia si è confusa e arricchita: uomini, animali da soma, veicoli, merci, imbarcazioni, religioni, stili di vita. E perfino le piante».
Il Mediterraneo è incrocio fecondo di culture, influenzate da innumerevoli invasioni e migrazioni.
La “mitopoietica” del Mediterraneo conserva l’immenso patrimonio artistico, essendo culla di popoli antichissimi.
INTERAZIONI E ISPIRAZIONI MEDITERRANEE
Arte fenicia, arte greca, arte iberica, arte africana sono fonti d’ispirazione degli artisti delle avanguardie. Fra essi Pablo Picasso e Georges Braque sono due figure pionieristiche del Cubismo che hanno tratto ispirazione diretta dall’arte africana, in particolare dalle maschere e sculture dell’Africa occidentale. Henri Matisse e altri artisti Fauvisti furono attratti dai vivaci colori e dalle forme semplificate dell’arte africana che li incoraggiò a sperimentare con audaci espressioni di colore e a distaccarsi dalla rappresentazione realistica. Gli Espressionisti furono influenzati dall’energia emotiva e dall’intensità espressiva dell’arte africana, che adottarono per esprimere la loro angoscia interiore e la critica alla società contemporanea.
André Breton, il fondatore del Surrealismo, e artisti come Max Ernst trovarono nell’arte africana una fonte di ispirazione per il loro interesse per l’inconscio, il sogno e il mistero.
La spiritualità e il simbolismo dell’arte africana risuonavano con la ricerca surrealista di una realtà al di là della logica e della ragione.
De Chirico era affascinato dalle grandiose architetture della Grecia.
Il Mediterraneo offre agli artisti ancora oggi continui spunti d’ispirazione per le loro opere, interpretando la loro identità in senso moderno e innovativo.
MEDITERRANEITÀ
Sulle proprie origini ha fatto forza un gruppo che ha nome “Movimento Artistico Mediterraneo”, che, nato nel 1993 e ufficializzato nel 2000, ha sottolineato il legame fortissimo tra l’arte e il Mediterraneo. I principali esponenti del movimento, Giorgio Laveri e Patrick Moya, hanno spiegato, con un Manifesto ufficiale,le linee guida del movimento su cosa sia l’Arte Mediterranea e su cosa rappresenta. Il Manifesto evidenzia i presupposti della “mediterraneità”, cosa ispira l’artista mediterraneo.
Ad ispirarlo è il contatto del sole caldo e del mare, ma anche della cultura e della storia. «Mediterraneità contiene la luce e le ombre così definite delle isole della Grecia, il sole e la calura delle aree del Maghreb, fino alle radici della storia dell’uomo che si collocano nell’area mediorientale, con tutta la carica passionale e religiosa tipica di queste zone». I principali obiettivi del movimento sono comunicare dinamismo attraverso l’arte, giovarsi delle molteplici influenze che la posizione geografica dell’asse operativo offre senza mai perdere le proprie peculiarità.
È un movimento che usufruisce delle più disparate tecniche artistiche, a partire dal cinema, tanto caro a Laveri, alle performance, alla più tradizionale arte figurativa e in particolare ceramica, importante prodotto mediterraneo, soprattutto della zona in questione, da tempi lontani.
Laveri ricerca la mediterraneità attraverso un consapevole modo di gestire i materiali, le luci ed i colori.
Patrick Moya esprime la sua mediterraneità attraverso l’uso del colore forte, talvolta con una grafica quasi fumettistica, e dell’incisività comunicativa.
Nella pittura e scultura di Moya troviamo forti richiami alla religione ed alla Bibbia, un’altra forte componente della cultura mediterranea, che però viene vista dall’artista in modo molto personale ed immaginativo. Le opere di entrambi gli artisti ben rappresentano quanti e quali siano i modi di interpretare oggi la mediterraneità, plasmano l’arte e la compenetrano di discipline molto diverse tra loro, ma prestando sempre attenzione ai valori e alle origini.
AFFLATO DI BELLEZZA
L’arte mediterranea, estranea ad ogni convenzione estetica, è sempre più proiettata all’innovazione.
Guarda là
Quella nuvola che va
Vola già
Dentro nell’eternità
– canta Mango.
All’eternità l’arte Mediterranea può farci tendere in un afflato di bellezza.
In un afflato di bellezza mediterranea il film “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores (Premio Oscar 1992) chiude con questi versi di Alcmane, poeta greco del VII secolo:
Dormono le cime dei monti e le gole,
i picchi e i dirupi,
e le famiglie di animali, quanti nutre la nera terra,
e le fiere abitatrici dei monti e la stirpe delle api
e i mostri negli abissi del mare purpureo;
dormono le schiere degli uccelli dalle larghe ali.
Chiara Lostaglio, Attrice, Giornalista
Videoclip “Mediterraneo”, regia di Alessandro Rak, durante la quinta edizione del Matiff a Matera
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