BUROCRATESE SEMPRE IN AGGUATO
Il burocratese non sembra affatto passato di moda. Anzi, nel leggere provvedimenti, circolari e atti della Pubblica Amministrazione, questa neolingua astrusa e incomprensibile sembra essere ancora di grande attualità. Lo sanno bene cittadini, professionisti e imprenditori che cercano non senza fatica di interpretare che cosa viene scritto per riuscire ad orientarsi nei meandri di questo gergo che abita le stanze dei vari Enti dello Stato italiano. Il burocratese è una vera e propria forma di espressione caratterizzata dall’essere poco chiara e contorta che sta sopravvivendo nonostante gli sforzi (molto apparenti e sostanzialmente inutili) di voler semplificare.
TRA IL DIRE ED IL FARE C’E’ DI MEZZO IL MARE
Come recita un vecchio, ma sempre attuale, detto “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. La verità è che questo linguaggio rappresenta un piccolo ma formidabile potere nelle mani dei decisori in ambito politico e amministrativo. Lo scopo è quindi duplice: da un lato impedire ai cittadini di avere provvedimenti e norme semplici e facilmente comprensibili, dall’altro tutelare i titolari di posizioni di rilievo al fine di garantire loro utili rendite di posizione. L’italiano burocratico fatto di codici e sottocodici da interpretare non ha pertanto lo scopo di avvicinare i contribuenti-utenti alla P.A. ma di tenerli a distanza intimoriti e sottomessi. I testi in burocratese sono di difficile interpretazione, risultano infarciti di parole specialistiche e hanno strutture lessicali inutilmente complicate che non aggiungono informazioni bensì ingarbugliano i periodi e le frasi.
ITALO CALVINO LO DEFINI’ ANTILINGUA
Questo idioma è impersonale, freddo e fatto a posta per peggiorare la comunicazione ed è usato delle istituzioni ai vari livelli che paradossalmente complicano e non semplificano. È caratterizzata da un uso di tecnicismi, gergo amministrativo, sigle, acronimi, frasi lunghe e contorte. Ecco un esempio: “Vi preghiamo di prendere visione dell’allegato A, contenente le istruzioni dettagliate per la compilazione del modulo B, necessario per l’avvio del procedimento di richiesta come da bando allegato al fine di soddisfare l’avviso conformemente alle norme vigenti”. Da ricordare che il primo a parlare di “antilingua” con riferimento al burocratese fu nel 1965 lo scrittore Italo Calvino: da allora non si può non osservare con rammarico che sono trascorsi “appena” sessant’anni. Sarebbe utile, quindi, una presa di coscienza collettiva per sollecitare con forza la politica e i diversi comparti amministrativi a recepire la necessità di un reale cambiamento del linguaggio che non è solo forma ma anche sostanza.
Pippo Della Corte
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