Il diritto dei familiari a stare vicini a una persona cara, che affronta l’ultima tappa dell’esistenza, è una questione che, in questo momento di Pandemia Covid 19, interroga tutti. Per Civicrazia un essere umano è tale fino al momento della morte.
La persona malata non ha meno valore. La sua dignità resta intatta perché continua ad essere una persona umana non solo nella sua realtà fisica e biologica, ma anche in quella psicologica, relazionale e spirituale.
Tanti in quest’ultimo anno, per decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, non hanno potuto ricevere un giusto accudimento e un ultimo saluto dai familiari. Conseguenza del divieto delle visite dei parenti dei degenti all’interno dei presidi ospedalieri, a garantire l’incolumità e la sicurezza dei pazienti oltre che di chi entra in ospedale.
Il tempo passa e la questione non si affronta, pensandola come qualcosa di negativo, che incute paura o motivo di maggiore sofferenza e perche possa provocare depressione o enorme tristezza.
E così la persona malata deve tacere e tenersi le sue idee, le sue aspettative e i timori. Mentre, quanto vorrebbe quella persona essere ascoltata, compresa e accompagnata nella sua esperienza di sofferenza.
Per Civicrazia, la persona conta fino al suo ultimo istante di vita, con la sua dignità e il suo valore.
La libertà umana non è solo un diritto, ma anche un dono della nostra natura. Essere liberi è la capacità non solo di fare ciò che si vuole, ma anche di poter prendere decisioni senza condizionamenti una volta consapevoli della malattia. Aiutare civicamente ad esercitare la libertà ad una persona nei momenti di fragilità significa permetterle di esprimere come e con chi vorrebbe vivere il tempo che le resta.
Come accade in genere, ultimamente a scegliere per la persona sono medici o altri, che con la buona intenzione di aiutare finiscono per assumere le opinioni e i desideri del malato, spesso senza essere in sintonia con il suo parere.
Oggi chi vive il dramma della sofferenza chiuso tra le quattro mura di un ospedale, è costretto alla solitudine: nessuna visita, nessun contatto, eccetto quelli resi possibili dai telefonini, una videochiamata attraverso cui chi può e chi ha ancora le forze riesce a fare.
Morire di questi tempi è morire soli, senza nessuno vicino, né per conforto, né per accogliere un ultimo sguardo o un ultimo saluto. Eppure morire circondati dai propri cari rassicura, solleva, conforta e aiuta a trovare risposte a ciò che preoccupa e spaventa, in virtù del fatto che con la morte avanza prepotentemente l’ignoto. Se da un lato l’ammalato soffre, a volte vive indicibili sensi di colpa per le persone care che lascia, mentre averli presenti al suo fianco diventa fondamentale e lo rassicura. La loro mancanza viene sentita in modo particolare e diventa ulteriore motivo di sofferenza, basti pensare alla situazione di figli con genitore che non possono dirsi addio: per un padre o una madre vedersi accompagnare verso la fine è un modo per sentirsi riconoscere quanto è stato donato e ricevuto reciprocamente in senso affettivo negli anni vissuti insieme. In questo periodo di pandemia tutto è vietato, persino trascorrere gli ultimi attimi, per un’ultima volta, con la persona a noi cara.
A questo non ci si può e non ci si deve abituare. E’ vero, sono le norme anticontagio che lo prevedono, ma anche per chi resta resterà un buco nero nella memoria degli affetti, oltre che ad un cuore già devastato dalla perdita, sarà difficile restituire un briciolo di pace per molti anni a seguire. Ricevere una volta morti un padre, una madre o altra persona, chiuso sigillato in un sacco nero è quanto di più disumano possa accadere. Non poterli vedere neppure da morti è straziante.
Civicrazia è a sostegno della dignità della persona fino alla morte naturale, chiede, pur mantenendo tutti al sicuro, un modo nuovo per le famiglie con cui raccogliere le ultime parole, stringere le mani o abbracciare i propri affetti mentre stanno andando via. Un nuovo orientamento nazionale è utile, poiché le regole, se attualmente esistenti per la gestione del Covid-19, non sono sufficienti a dare risposte nell’ambito umano. Coniugare con la compassione l’attenzione sanitaria sicuramente può far emergere soluzioni creative che possono aiutare a sentire un po’ di contatto in più tra chi lascia la vita e chi resta.
Di Ernesto Marino
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