Oggi, 4 febbraio 2019, giorno di visite a sorpresa per alcuni ospedali napoletani.
Il ministro della salute, onorevole Grillo, ha deciso di fare un salto a Napoli per visitare, insalutata ospite, il pronto soccorso dell’ AORN Cardarelli, e successivamente quello del P.O dei Pellegrini.
Entrambe le strutture sono finite recentemente nell’occhio del ciclone ”mediatico” per ragioni diverse.
Al link sottostante si può ascoltare un sunto in viva-voce del Ministro, di questa sua giornata Partenopea:
https://www.facebook.com/giulia.grillo.1884/videos/173420630298258/?t=30
I fatto salienti registrati e denunziati, con molto garbo, dal Ministro, riguardano sostanzialmente una programmazione sbagliata fatta negli anni precedenti, che genera oggi risultati operativi nefasti ed inadeguati rispetto ai bisogni dei cittadini.
Il Ministro si stupisce del fatto che il Cardarelli disponga di una rianimazione di soli 22 posti letto.
Dall’ultimo atto aziendale dell’AORN Cardarelli, scaricabile dal sito web, risulta precisamente che , a fronte di posti letto totali 986, soli 22 spettano alla rianimazione.
In realtà tutta l’area dipartimentale della “terapia Intensiva” dispone di 56 posti letto.
Certamente il Ministro è consapevole che non si posso pensare più gli ospedali come il luogo dove persone anziane con patologie croniche e/o complesse vengono tenute a “villeggiare”.
Ed altrettanto non si può pensare che la rianimazione possa drenare gli accessi, molti assolutamente impropri, che arrivano in P.S.
Dobbiamo allora fare un po’ di strada a ritroso, nella storia della Sanità campana, per comprendere meglio lo scenario attuale.
La Regione Campania entra nel tunnel del commissariamento dopo aver accumulato la modestissima cifra di 8 miliardi di euro di deficit.
Era evidente che molta parte del nostro SSR era ipertrofico, e certamente obsoleto, e da qualche parte bisognava iniziare a tagliare.
Non potendosi intaccare le eccellenze e le “baronie” dei Grandi Ospedali di capoluogo, si decise di ridurre nelle ASL servizi ed investimenti.
Così ci ritroviamo oggi una rete di assistenza che diffusamente sul territori è fortemente inaffidabile e dannosa.
I cittadini, i pazienti, che ben comprendono subito dove sta il “fumo” e dove invece “l’arrosto”, si dirigono direttamente al primo allarme di malessere, nei centri più grandi e di eccellenza non sempre meritata.
Come si esce da questa situazione???
Il Ministro fa bene a richiamare manager sanitari e politici alle proprie responsabilità, ma occorre anche un atto di “imperio”, che sottragga agli incapaci locali il potere di fare altri disastri.
Sullo stesso social, sempre oggi si pubblicizza l’intervista al vicepresidente e assessore alla Sanità della Regione Liguria, Sonia Viale.
L’assessore dichiara testualmente quanto segue:
“Siamo in un momento di grande cambiamento. Oggi siamo arrivati al dunque, ora o mai più: o cambiamo adesso puntando sull’autonomia regionale differenziata oppure il sistema sanitario, in passato impermeabile rispetto a processi di cambiamento fondamentali per garantirne la sostenibilità, non reggerà e dovrà trovare altre forme per dare risposte ai bisogni di salute dei cittadini”.
Queste parole sono molto dure, ma in fondo corrispondono ad un dato oggettivo.
I soldi per garantire a tutti i cittadini ed a qualunque latitudine, gli stessi standard in sanità, non ci sono.
E siccome non ci sono, le regioni del Sud, ancora una volta, corrono il rischio di essere depauperate delle proprie risorse e dei propri eccellenti “capitali umani”, subendo anche l’onta di miserevoli elemosine.
Dobbiamo unirci e reagire, compatti intorno ad istituti veri di garanzia e di democrazia dal basso…
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