In Italia, infatti, troppo spesso si muore e in troppi casi si compromette la salute o si perde l’integrità fisica, con le conseguenze che ne derivano, non solo dal punto di vista sanitario ed economico (per il lavoratore vittima di infortunio, per la sua famiglia che vede ridursi una fonte di sostentamento, per l’azienda, per i costi che ne derivano alla collettività), ma anche nella sfera psicologica e delle relazioni sociali del lavoratore infortunato (cosiddetto “danno biologico”).
INFORTUNI SUL LAVORO NELLA CRONACA
Gli infortuni sul lavoro assurgono di tanto in tanto agli “onori” della cronaca, soprattutto quando si verificano casi mortali eclatanti che commuovono e indignano, su cui i media si sono gettati per alcuni giorni con un’attenzione quasi morbosa, salvo spegnere i loro riflettori quando il caso non era più “caldo” e ormai tutti i risvolti della vita della vittima – il rapporto con la madre e con il figlioletto, le foto felici e spensierate con le amiche pubblicate sui social la sera precedente l’incidente, a fare da contrasto con la sua tragica fine – erano stati adeguatamente “esplorati”. Il tema della sicurezza sul lavoro, allora, è tornato nell’ombra, materia per i soli addetti ai lavori: magistrati, industriali, sindacati, ispettori del lavoro.
È scioccante fermarsi a pensare che di tutti i lavoratori che ogni mattina escono per andare al lavoro, statisticamente, ogni giorno 3 o 4 di loro non faranno più ritorno a casa.
Numeri drammatici. Certo, molti di questi infortuni si risolvono fortunatamente con un periodo di inabilità temporanea più o meno lungo o con conseguenze permanenti di entità trascurabile o lieve. Una parte, tuttavia – quelli di maggiore gravità – cambiano per sempre la vita delle persone che ne sono rimaste vittima e delle loro famiglie: un infortunio grave costituisce un vero e proprio dramma personale e familiare, che le garanzie e le prestazioni di tipo economico, sanitario, protesico, riabilitativo e di ricollocamento lavorativo previste dalla Costituzione (articolo 38), possono riuscire solo ad alleviare, ma non certo a sanare.
RESPONSABILITA’
La discussione su quali siano le possibili soluzioni per ridurre questo fenomeno è aperta da tempo, così come la ricerca delle relative responsabilità. Di volta in volta, viene puntato l’indice su un impianto normativo inadeguato, su datori di lavoro negligenti o addirittura dipinti come cinici e votati solo al profitto, che non si interessano della sicurezza dei lavoratori, su lavoratori stressati da turni massacranti o imprudenti, sull’eccessiva confidenza con i macchinari e con i processi produttivi che fa abbassare il livello di attenzione, sulla mancanza di formazione, su macchinari non a norma o con apparati di sicurezza rimossi per esigenze produttive, su un insufficiente esercizio del potere di vigilanza da parte delle figure previste dalla legge (Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza in primis), sulla carenza dei controlli ispettivi.
LA POSIZIONE DI CIVICRAZIA
E’ bene che sui tavoli governativi nei quali si discutono le grandi riforme (ovvero la riforma fiscale, quella delle pensioni, quella degli ammortizzatori sociali e quella delle prestazioni assistenziali) vi sia uno spazio adeguato anche per la materia della sicurezza in occasione di lavoro e sia disciplinata l’equipe pluridisciplinare obbligatoria con incisivi poteri. Perché la vita e la salute sono diritti fondamentali che non possono essere subordinati a nessun altro diritto o interesse.
Fabio Riccio
0 commenti