Quanto è grande il potere delle parole? Forse è l’unico potere temporale veramente eterno.
Ci sono sinonimi… ma non troppo, e contrari… poco contrari.
Ci sono parole che delineano qualcosa ed altre in cui quel qualcosa è già inscritto.
Ricordare, rammentare, dimenticare, scordare: Civicrazia, Civirazzia, Democrazia, Demagogia racchiudono in sé stesse il segreto del loro essere, che non ha bisogno di altri sensi per essere svelato.
Della forza del linguaggio, ci parla la Dott.ssa Francesca Toncli, esperta di scrittura creativa.
Dott.ssa Toncli, rammentare e ricordare, sono comunemente considerati sinonimi. Ma designano veramente la stessa realtà emotiva?
Non direi. Nel rammentare, come dice la parola stessa, viene è implicata la mente, per cui si vive un rapporto con il passato in maniera superficiale, senza coinvolgimento, e senza l’anima del ricordo; posso infatti rammentare un senso, non il senso di “ieri”. Rammentare è come rammendare la mente con pezze del passato.
Nel ricordare invece c’è una memoria dello spirito con potere evocativo immenso. Si crea un coinvolgimento emotivo, si tocca una corda dell’anima, vibrante sotto il peso del passato. E’ un rapporto con ciò che è stato, scavato in profondità e c’è un sentimento in gioco, un dolore o una gioia per una cosa che era, e che oggi non è più: nel ricordare c’è un cucire con il filo del passato pezzi di cuore.
Immagino allora che la stessa differenza esista fra dimenticare e scordare?
Sì. Di(ment)icando, la mente cancella dei dati, perdendo magari un senso di quello che fu (un profumo, un sapore, il ricordo di un viso, di un luogo, etc). Il dimenticare è il contrario di rammentare, ma non il suo opposto, visto che la mente rimane il comune denominatore.
Nello s(corda)re, al contrario, la corda dell’anima non vibra più, il passato ha perso il senso stesso del suo esistere. Anche in questo caso è il contrario del ricordare, ma non l’opposto, visto che anche nello scordare la corda dell’anima è tirata in ballo.
Come dire? Io posso aver scordato una persona, ma non averne dimenticato il viso, l’odore, la voce, come posso aver dimenticato le fattezze di una persona, ma non aver scordato l’amore che provavo per lei.
Passiamo adesso ad una filosofia politica del linguaggio. Cosa è per Lei la democrazia?
La (Demo)crazia, apparentemente è l’idolatria del demos. Nella realtà è soltanto l’idolatria del potere. Questa parola ha un sapore squisitamente di slogan “potere al popolo!” Il demos, è però inteso come massa, nella quale, proprio perché non caratterizzata, manca la coscienza dell’essere cittadino, dell’essere membro di una comunità, quindi parte di un tutto, non il tutto.
Contrariamente a quanto si possa pensare, in questa visione totalizzante e centrifuga il popolo non si sente in comunione di beni ideali. E’ un rapporto superficiale fra due termini che rimangono staccati, fra due parole non equipollenti, perché la forza del primo (demos) è superata a dismisura dalla forza del secondo (potere). Il popolo comanda, ma non ha il controllo.
Quindi, su un’ipotetica scala di valori, la Democrazia si troverebbe sulla stessa linea del rammentare?
Esattamente. Mentre sulla stessa lunghezza d’onda del ricordo (qui parlerei appositamente di onde, non di linee, perché il ricordo è flusso, non stigmatizzazione), troviamo la Civicrazia.
Cosa intende esattamente per Civicrazia?
(Civi)crazia è l’apologia del potere al cittadino ed è un rapporto stretto, forte, profondo che lega indissolubilmente questi due termini, rapporto in cui Soggetto è il cives ed oggetto è il potere. In Civicrazia c’è una coscienza del sentire ed il potere è soprattutto voler fare e migliorare.
Qual è il contrario di Civicrazia?
Oserei coniare una nuova parola perchè la bellezza del linguaggio sta proprio nel suo essere camaleontico: (Civi)razzia. Sotto questo terribile regime, il cittadino viene derubato del potere.
E qual è allora il contrario di Democrazia?
Ritengo sia la (Dem)agogia. Il popolo, come indica quell’ago, è trascinato, è come una pecorella smarrita ricondotta all’obbedienza da un cane pastore; vive inoltre un rapporto deformato con il potere ed è ad esso subordinato: è un complemento, un complemento oggetto, di un potere, unico vero Soggetto.
Quali sono allora i veri opposti?
Ovviamente Civicrazia e Demagogia.
Per chiudere ora il cerchio, quello del linguaggio, che comunque è sempre aperto, e per risolvere tutto in una disquisizione che non sia linguistica, ma squisitamente altro, tutte queste parole come sono legate tra loro?
Se la Democrazia rammenta, la Civicrazia ricorda. Se la Democrazia vuole dimenticare la Demagogia, la Civicrazia vuole scordare la Civirazzia.
Non dobbiamo rammentare queste parole, come parole in neretto che si stagliano su un foglio bianco, rammendate sulla mente, ma dobbiamo ricordare il potere a volte oscuro di esse, accordandolo con l’anima: saltiamo allora il buio, oltre la siepe c’è la nostra coscienza civicratica.
(Francesca Toncli)
0 commenti