Mag 26, 2018 | Notizie | 0 commenti

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LA GLOBALIZZAZIONE NON VA D’ACCORDO CON LA BIODIVERSITÀ

Il 22 maggio si è celebrata la 25ª Giornata Mondiale della Biodiversità, istituita dalle Nazioni Unite nel 1993 e per l’occasione, il Presidente della Repubblica Mattarella ha voluto inviare il suo messaggio in cui pone l’attenzione sul valore delle numerose azioni “condivise a livello internazionale per contrastare efficacemente la perdita dell’inestimabile capitale collettivo rappresentato dalla biodiversità” e di come tale valore vada “integrato in ogni ambito sociale, economico e culturale, anche nel contesto dell’Agenda 2030, con una visione di lungo periodo”. La biodiversità, continua il Presidente, “costituisce un valore nel garantire equilibrio ambientale ed equità sociale, benessere e disponibilità di risorse (acqua, cibo e aria pulita) e nel preservare modelli di vita delle comunità locali e valorizzare usi e conoscenze tradizionali. La lotta contro il degrado del clima e la desertificazione, le strategie di adattamento e di contrasto ai rischi ambientali, i paradigmi virtuosi dell’economia circolare, trovano alleati essenziali nella conservazione e nella valorizzazione della biodiversità”. Conclude il suo intervento parlando di strategia nazionale: “Lo straordinario patrimonio italiano di diversità naturali, elemento chiave di connessione ecologica nel bacino del mediterraneo va preservato e valorizzato attraverso l’attuazione della strategia nazionale per la biodiversità, in una crescente consapevolezza collettiva del suo valore non riproducibile e vitale”.

A tutt’oggi però, qualsiasi strategia attuata non ha portato buoni frutti, visto che tutti i dati fanno pensare ad un misero fallimento delle istituzioni sulla protezione della biodiversità. Piero Genovesi, project manager di Ispra(Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sottolinea come i governi non stanno facendo la loro parte: “Gran parte degli sforzi internazionali stanno fallendo miseramente e se non si cambia passo, la maggior parte delle Nazioni non riusciranno a raggiungere gli obiettivi”. E gli obiettivi sono quelli assegnati ai governi e stabiliti dagli Accordi di Aichi (nel 1992) con il Piano strategico sulla biodiversità 2011-2020, una road map soggetta a 56 indicatori di cui solo 5, secondo l’ultima edizione del Global Biodiversity Outlook dell’Onu, sono sulla buona strada per essere raggiunti a fine decennio. Quanto agli altri, 33 segnalano qualche progresso ma a un tasso insoddisfacente per raggiungere l’obiettivo previsto, 10 non mostrano alcun progresso, mentre 5 mostrano addirittura un peggioramento e 3 non sono stati valutati. Un raggio di luce – evidenzia ancora l’Ispra – è il cammino verso l’obiettivo di raggiungere il 17% di protezione rispetto alla superficie terrestre totale, che sarà presumibilmente centrato. Secondo alcuni scienziati, tuttavia, non basta far rientrare nelle aree protette il 17% delle terre e il 10% dei mari: almeno metà della superficie terrestre dovrebbe essere riservata alla natura.

Tra cambiamenti climatici, inquinamento e distruzione degli habitat naturali, sono numerose le minacce al nostro patrimonio naturale e alla biodiversità. Si stima infatti che il tasso di la perdita di specie sia oggi1000 volte più veloce che in passato a causa del crescente impatto dell’uomo sulla natura. Tra le cause più devastanti e difficili da contenere si situa la diffusione incontrollata delle specie aliene invasive. La stima dei costi sociali ed economici di questo fenomeno supera infatti i 12 miliardi di Euro ogni anno nella sola Unione Europea. In Italia sono presenti più di 3000 specie aliene, introdotte spesso volontariamente, di cui oltre il 15% invasive. Negli ultimi 30 anni, il numero delle specie aliene nel nostro Paese, è aumentato del 96%. Piante e animali alloctoni invasivi possono causare l’estinzione delle specie autoctone, alterando la composizione delle specie presenti in una certa area, portando alla degradazione totale degli habitat che occupano o modificando le dinamiche di erosione del suolo.

La “globalizzazione”, insomma, si è rivelata come la peggior nemica della biodiversità e perché quest’ultima possa veramente essere custodita occorrerà fare un passo indietro e ricominciare a pensare alla natura non più come un mondo da sfruttare per motivi economici, ma come un mondo in cui l’essere umano trovi la sua ragione ultima di vita: “Il capitale umano e il capitale naturale sono strettamente legati fra di loro: gli effetti che possiamo provocare indebolendo e distruggendo il capitale naturale possono essere devastanti per l’umanità. È fondamentale costruire una nuova narrazione dell’economia: l’immagine dell’homo economicus che pensa esclusivamente al profitto materiale e quantitativo è ormai incompatibile con la realtà attuale che impone di ripensare, in termini, sostenibili il nostro rapporto con il pianeta e le sue risorse”, così la Presidente del WWF Italia, Donatella Bianch

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