Giu 30, 2018 | Notizie | 0 commenti

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L’ACQUA E’ ANCORA UN BENE COMUNE?

“La proposta di direttiva sulla qualità delle acque per il consumo umano nasce da una mobilitazione popolare senza precedenti, con quasi 2 milioni di cittadini europei intervenuti per chiedere all’Unione di garantire un accesso sufficiente all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari per tutti”. Lo ha affermato il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, a Lussemburgo nel partecipare al Consiglio Ambiente dell’Unione Europea. Tra gli altri temi, si è discusso dell’aggiornamento della direttiva sull’acqua potabile, a seguito dell’iniziativa “Right2Water” realizzata dai cittadini europei.Dopo cinque anni di campagne e mobilitazioni e dopo aver raccolto quasi due milioni di firme, con l’iniziativa dei cittadini europei si è voluto far riconoscere l'acqua quale bene pubblico e non una semplice merce. La Commissione europea è stata invitata a proporre una legislazione che attui il diritto umano all'acqua e ai servizi igienico-sanitari come riconosciuto dalle Nazioni Unite e a promuovere la fornitura di acqua e servizi igienico-sanitari come servizi pubblici essenziali per tutti. La dichiarazione conclusiva dell’iniziativa sprona la legislazione dell'UE a richiedere ai singoli governi di garantire e fornire a tutti i cittadini acqua potabile e servizi igienici sufficienti e puliti. Inoltre, esorta le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a garantire che tutti gli abitanti godano del diritto all'acqua e ai servizi igienico-sanitari; auspica che l’approvvigionamento idrico e la gestione delle risorse idriche non siano soggetti alle logiche del mercato unico e i servizi idrici siano esclusi dalla liberalizzazione; ed infine, che l’UE aumenti i suoi sforzi per ottenere un accesso universale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.“Per garantire l’accesso all’acqua quale bene naturale e diritto umano universale – ha dichiarato Costa -, le acque superficiali e sotterranee non devono essere ‘mercificate’. Bisogna favorire il governo pubblico e partecipativo dell’intero ciclo integrato dell’acqua. I privati coinvolti nella fornitura, gestione e distribuzione dell’acqua dovrebbero perciò essere adeguatamente monitorati dalle autorità competenti, e il pubblico dovrebbe avere accesso a tutte le informazioni e dati ambientali”. Scendendo poi nello specifico della direttiva, il ministro ha sottolineato che è necessario “inserire l’accesso equo all’acqua e il suo uso sostenibile tra gli obiettivi che la nuova direttiva deve perseguire a partire dall’articolo 1”. “Occorre cambiare l'articolo 10 – ha puntualizzato ancora – che non garantisce i massimi standard per la salute umana, comprendendo tutta la filiera idropotabile e non solo la parte domestica. Allo stesso modo, è necessario chiarire nell’articolo 13 che l’accesso all’acqua potabile è un diritto umano essenziale”. “In questo modo – ha infine concluso il Ministro – riusciremo a diminuire le categorie di persone prive di accesso all’acqua, garantendo la distribuzione e il monitoraggio pubblico sui privati eventualmente coinvolti; specificando che l’erogazione di un quantitativo minimo vitale non può essere sospesa; richiamando la fornitura giornaliera essenziale di 50 l/persona; stabilendo che bottiglie e contenitori di plastica vanno vietati negli edifici pubblici, che l’uso di sistemi per ridurre sprechi e dispersioni deve essere incentivato e che occorre sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche relative all’inquinamento e alla dispersione delle acque”.Il ministro Costa però dovrebbe immediatamente tornare in Italia e rivedere l’impianto giuridico interpretativo delle norme che regolano l’intero settore dei servizi di gestione per la fornitura e il trattamento delle acque. Infatti, dopo il referendum per l’acqua pubblica del 2011 si è assistito a decisioni da parte del Consiglio di Stato che depennavano in un sol colpo le decisioni referendarie di ben oltre 26 milioni di italiani. Secondo il supremo giudice amministrativo, il servizio idrico è un “servizio a rilevanza economica” e dunque in quanto tale non si possono escludere dai conti di gestione il costo del capitale proprio investito, come insegnato dalla scienza “esatta” dell’economia industriale. Il servizio idrico italiano è un servizio pubblico locale “a rilevanza economica” e quindi da gestire secondo le leggi del mercato. Non basta eliminare l’adeguatezza della remunerazione del capitale per rendere il governo e la gestione dell’acqua estranei alle logiche del profitto.Allora, ben venga una normativa europea che chiarisca definitivamente la rilevanza pubblica, quale bene comune, dell’acqua rispetto all’efficienza economica. D’altra parte, in Italia sarebbe ora che l’acqua oltre a divenire un bene comune possa diventare anche “veramente” potabile. E questo è una ulteriore questione che dovrà affrontare con decisione e solerzia il nuovo ministro dell’Ambiente.

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