Probabilmente ci siamo abituati,ma è poco sopportabile ed ancor meno utile, che ogni azione di governo venga comunicata ai cittadini come mera propaganda elettorale.
Questo tipo di atteggiamento è sempre disdicevole, non aiutando il cittadino a comprendere con precisione ciò che realmente rappresenterà per la comunità.
Quando però gli atti di governo riguardano la salute di ognuno di noi, e quindi il sistema sanitario, la propaganda diventa ancora più pellente.
A fine 2018 il Ministero ha approvato il piano di programmazioane della rete ospedaliera della regione Campania.
Nella logica di una comunicazione da propaganda pre-elettorale, il Governatore on. De Luca, il cui mandato scade nel 2020, ha molto enfatizzato alcune azioni innovative rispetto agli anni precedenti, come se fossero frutto di esclusivo merito suo.
In particolar modo ha sottolinetato di aver “fatto riaprire” ospedali, punti nascita e pronto soccorsi, che viceversa secondo le linee di indirizzo delle giunte precedenti dovevano chiudere per sempre.
In realta leggendo, anche da profani, il Piano, ci si rende rapidamente conto che è il Decreto Ministeriale 70 del 2015 ad imporre un aumento dei posti letto, ed una ridefinizione globale degli stabilimenti ospedalieri, funzionali rispetto ai bacini di popolazione su cui insistono.
Per cui in soldoni anche la Campania, regione ultra disastrata dal punto di vista della salute globale dei cittadini e della qunatità/qualità dei servizi sanitari pubblici garantiti, ha diritto ad aumentare il numero dei PL (posti letto).
Va poi ricordato che in questi tre anni di governo De luca non ha mai perso occasione per sottolineare quanto la sua azione di governo stava modificando in maniera strutturale il SSR, portandolo finalmente “prossimale” ai cittadini e funzionale ai nuovi bisogni di salute.
E’ andata veramente così????
Leggendo i decreti possiamo dedurre che assolutamente non è andata così.
La prima e più grande anomalia riguarda l’incapacità di rimodulare l’offerta sanitaria in funzione dell’attuale assetto demografico.
Basti pensare che sui 12.000 circa Pl presenti in regione, ubicati nelle strutture ospedaliere pubbliche, ben 3175 si trovano in mezzo quartiere di napoli nel raggio di 500metri.
Ed ancora che nel comune di Napoli, che accoglie poco meno di un milione di residenti, insistono 4690 PL.
Ci sono aree della provincia di Napoli, corrispondenti alle sole asl na 2 e na 3 che hanno bacini di utenza superiore, ma con un offerta di PL molto ma molto più bassa.
Ciò implica che una quantità esorbitante di cittadini-pazienti è costretta a spostarsi dal luogo in cui vive verso quel “meno di mezzo” quartiere, dove si trovano due Policlinici Universitari, due grandi Aziende Ospedaliere e l’unico IRCCS della nostra regione.
Inoltre il Governatore aveva promesso un drastico taglio delle convenzioni ad una miriade di cliniche private con scarsa specializzazione e qualità di servizi.
Ma anche di questo nel Piano non v’è traccia.
E’ chiaro che nemmeno questo governo aveva la forza per attuare programmi di trasformazione ed innovazione reali.
In una situazione di tal genere chi non avrebbe cercato allenaze fuori di se, con la cosiddetta Società civile, per iniziare a costruire un modello nuovo???
In ambito sanitario d’altronde le linee guida ministeriali prevedono/obbligano le Istituzioni a ricercare con le associazioni di pazienti, patologia per patologia, i percorsi idonei per fare partnership.
In Campania ciò ha latitato, se non subire a volte, i pazienti associati nel non-profit, ammalianti richiami di sirene “politiche” dentro logiche di “campagna elettorale”.
L’impegno di tutti i cittadini, stufi di essere considerati come juke-box per feste occasionali, non può che essere diretto all’affermazione della cultura del Difensore Civico ed alla diffusione quanto più rapida possibile dell’Istituto ad ogni livello di governance.
0 commenti