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NON PARLATE DI MORTI BIANCHE! MORTI SANGUINOSE SUL LAVORO

ANCORA MORTI SUL LAVORO

A Germignaga (Varese), un uomo di 70 anni è morto sul lavoro  dopo essere stato travolto e schiacciato dal trattore che stava guidando.  A Lamezia Terme (Catanzaro), un operaio di 24 anni che lavorava per un’impresa che svolge servizi stradali per conto dell’Anas, è morto dopo essere stato investito da un’automobile. L’incidente si è verificato lungo la strada che dalla statale 280 conduce all’aeroporto, all’altezza di un restringimento di carreggiata istituito per consentire lavori di rifacimento dell’asfalto.

 

DA NORD A SUD STRAGE SENZA FINE

Anche al sud la strage continua: due in Campania e uno in Molise.

Nell’area industriale di Marcianise, nel Casertano, il 51enne Giuseppe Borrelli è morto dopo essere rimasto schiacciato da un carrello elettrico in un’azienda che produce componenti in metallo per le auto.

Nella notte invece nelle campagne di Duronia, piccolo centro della provincia di Campobasso, un 35enne è deceduto travolto dal trattore che guidava.

In mattinata il terzo incidente mortale, nel cuore del Cilento (Salerno), a Ceraso, dove un settantenne è morto dopo essere stato travolto da una rotoballa di fieno in un capannone agricolo.

Sulla morte a Marcianise del 51enne Giuseppe Borrelli è in corso un’indagine per omicidio colposo. Dai primi accertamenti, è emerso che l’operaio era nel locale verniciatura dell’azienda quando è stato colpito alla schiena da un carrello elettrico finendo schiacciato contro la parete di una vasca.

 

BASTA ESPRESSIONE “MORTI BIANCHE”

Smettiamola di usare, parlando delle stragi del mondo del lavoro, l’espressione “morti bianche”. Perché l’espressione morte bianca evoca l’immagine di un esodo incruento, di una morte senza spargimento di sangue, in qualche misura una morte “senza autore”. E invece queste sono morti spaventosamente sanguinose, con corpi dilaniati, bruciati, schiacciati.

E con responsabilità spesso taciute, inconfessate e inconfessabili, quasi mai seguite da sanzioni adeguate (nessuna tragedia, né quella della Thyssen, né quella dell’Eternit, né quelle, seriali, dell’Ilva di Taranto hanno visto i rispettivi processi concludersi con condanne men che simboliche).

Dobbiamo definirle “crimini di pace”.  Morti che, per il loro numero e per alcuni aspetti della catena di cause che le hanno provocate, sono simili a quelle dei conflitti bellici.

Per i numeri: Carlo Soricelli, che dopo la pensione da metalmeccanico si è dedicato alla cura di un sito web – l’ “Osservatorio nazionale di Bologna” il quale, unico in Italia, monitora tutti i morti sul lavoro dal 1° gennaio 2008  registrando i morti per giorno, mese e anno della tragedia, per identità, età, professione, nazionalità – calcola che da allora le vittime sfiorino le 20.000.

Fabio Riccio

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