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QUESTIONE CARCERE: PERCHE’ NON ( RI) ATTIVARE I CONSIGLI DI AIUTO SOCIALE E I COMITATI PER L’OCCUPAZIONE PREVISTI DALLA LEGGE PENITENZIARIA ?

QUESTIONE CARCERE: ATTIVARE I CONSIGLI DI AIUTO SOCIALE E I COMITATI PER L’OCCUPAZIONE PREVISTI DALLA LEGGE PENITENZIARIA

L’ordinamento penitenziario ( legge 354 del 1975 e successive modifiche) prevede agli articoli 74 -77 un apposito organismo, istituito presso ogni Tribunale, volto a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e sostenere le vittime di reato.

E’ una norma introdotta con la riforma del 1975, ma di fatto quasi mai utilizzata anche se di recente il suddetto organismo è stato attivato presso il Tribunale di Palermo.

Siamo abituati da decenni ad accordi, convenzioni, tavoli, commissioni più o meno permanenti sui temi del carcere, attivati dagli enti locali in primis ma anche dal Dap e dal Ministero di Giustizia. Poi vi sono anche i tavoli per l’esecuzione penale.

Da ultimo va ricordato il recente accordo inter-istituzionale tra il Ministero della Giustizia e il CNEL (Consiglio nazionale dell’Economia e del lavoro) volto a promuovere il lavoro penitenziario come strumento di reinserimento sociale e abbattimento della recidiva e ad accrescere le competenze dei ristretti per fornire una adeguata preparazione professionale, stabilendo opportuni contatti con le organizzazioni datoriali e il terzo settore, tramite l’istituzione di una apposita cabina di regia presso il DAP.

Quello che manca è il collegamento tra la domanda e l’offerta delle iniziative volte a creare effettive opportunità. E’ evidente l’assenza di una banca delle disponibilità da valutare in concreto e su cui investire formazione e risorse.

 

LE EVIDENZE DEI REPORT DI CENSIS E THE EUROPEAN HOUSE -AMBROSETTI SUI DATI DLL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA INVIATI AL CNEL NELL’APRILE 2024 SUL TEMA DEL LAVORO IN CARCERE

Il numero dei detenuti nell’anno 2023/2024 impiegati in attività lavorativa era pari al 33% (19.153), ma solo l’1% di essi è impiegato presso imprese private e il 4 % presso cooperative sociali.

La stragrande maggioranza, pari all’85%, lavora alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, talvolta per poche ore al giorno o addirittura per poche ore al mese. Ciò ovviamente crea conflitti tra detenuti e non aiuta le fasce più deboli della popolazione carceraria, tenendo presente che in carcere il detenuto guadagna meno del cittadino libero e deve sostenere spese di mantenimento, ristori per le vittime, ecc..

Tutto ciò contraddice l’art. 15 dell’ordinamento penitenziario che considera il lavoro come elemento fondamentale del trattamento penitenziario, assicurando, salvo casi di impossibilità, un’occupazione lavorativa.

L’impossibilità è divenuta regola. E ciò quantunque una delle maggiori problematiche del sistema carcerario italiano sia la difficoltà di prevenire la recidiva, che può calare sino al 2% per i detenuti che hanno avuto la possibilità di un inserimento professionale.

Secondo il CNEL, inoltre, la mancanza di opportunità lavorative per i detenuti priva lo Stato di un ritorno sul PIL fino a 480 milioni di euro.

 

DA CHI E’ COMPOSTO IL CONSIGLIO DI AIUTO SOCIALE

Secondo la norma il Consiglio di aiuto sociale è un organismo che vede la presenza del presidente del Tribunale, di quello minorile, di un magistrato di sorveglianza, del prefetto , del sindaco o di loro delegati, di un dirigente dell’ufficio provinciale del lavoro, di un rappresentante diocesano, dei direttori di carcere del circondario e di sei componenti qualificati nell’assistenza sociale nominati dal presidente del Tribunale tra quelli indicati da enti pubblici e privati.

Certo la norma dovrebbe oggi essere rivista: la figura del medico provinciale, non più esistente, dovrebbe essere sostituita dal dirigente sanitario dell’istituto penitenziario; inoltre occorre integrare con la figura dei garanti territoriali, mentre la rappresentanza dell’Uepe potrebbe essere superata mediante l’indicazione dei componenti qualificati nell’assistenza sociale.

LE FINALITA’ : ASSISTENZA ALLE VITTIME,

PREDISPOSIZIONE DI CORSI DI FORMAZIONE PROFESSIONALI PER DETENUTI, RICERCA DI OPPORTUNITA’ DI LAVORO, VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Va sottolineato che le attività del Consiglio di aiuto sociale sono centrali: verifica del mantenimento dei rapporti tra famiglie e detenuti, predisposizione di corsi di formazione professionale, verifica di opportunità di collocamento lavorativo, segnalazione delle urgenze agli enti preposti.

Il Consiglio di aiuto sociale si occupa, altresì, delle vittime (art. 76) e dei minori orfani a causa di delitto. Tale previsione è fondamentale in tempi in cui è stringente il tema del soccorso anche materiale alle molte donne che tentano di fuggire da situazione di maltrattamenti o comunque di violenza subita e ai minori, anch’essi vittime di femminicidi.

Ancora, a fianco del Consiglio di aiuto sociale, è previsto un Comitato per l’occupazione degli assistiti. Tale Comitato procede all’avvio al lavoro, con la presenza di rappresentanti dell’industria , dell’artigianato, dell’agricoltura, designati dal presidente della locale camera di commercio, oltre a rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati, dell’ufficio provinciale del lavoro e dell’ amministrazione penitenziaria. I componenti tutti svolgono gratuitamente la loro attività e per le spese per l’attività nel settore penitenziario o post-penitenziario provvede anche la cassa ammende.

Certo, ogni altro collegamento con le Regioni, il Dap, il Ministero, l’Anci, ecc. sarebbe necessario e imprescindibile.

Ma, partendo dalla realtà territoriale, questa è l’occasione di un proficuo lavoro sulle effettive possibilità di reinserimento. E’ l’occasione per l’ammissione a misure alternative senza lasciare spazio a ricerche di lavoro o di sostegno a volte affannose e mal indirizzate e assumendo come “ordinario” il reperimento di opportunità di reinserimento.

Le esperienze di “nicchia” difficilmente potranno essere esportate altrove, in assenza di risorse e in un quadro di sistema penitenziario che non muta, a dispetto di ogni vera o presunta riforma. Il carcere è sempre troppo uguale a se stesso, almeno per i più, e sempre faticoso per chi vi opera. E allora è il momento di fare operare i Consigli di aiuto e i Comitati per l’occupazione.

Desi Bruno, avvocato

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